- CLAUDIO FERRI ( Pittore , Scultore e Ceramista ) -
1 - Biografia
Claudio Ferri è nato ad Onano (VT), al confine tra Lazio e Toscana, il 20 Novembre del 1926 Claudio fin da bambino comincia a radicalizzare il suo profondo amore per il suo paese d'origine.
Nel 1946 si trasferisce a Firenze, dove avviene la sua formazione artistica e dove apprende le tecniche base della pittura e della scultura.
D'aiuto all'artista sono la frequentazione di circoli come quello di Don Benzi e Don Fiorini. Durante questo periodo si lega molto alle figure di due architetti quali Carlo Maggiora e Giovanni Michelucci della Facoltà di Architettura di Firenze, che contribuiscono alla crescita artistica di Claudio.
Contemporaneamente resta folgorato dal movimento pittorico detto "della realtà",che avrà un peso molto rilevante nelle sue opere. Per quanto concerne la pittura, viene iniziato da Pietro Annigoni ed Antonio Bueno, frequentando i loro studi. Nel 1951 si stabilisce a Sesto Fiorentino con l'intento di frequentare la locale scuola di ceramica, aspirando ad una formazione di decoratore e modellatore, fino a raggiungere il titolo di Maestro d'Arte qualche tempo dopo. Possiamo quindi notare quanto la figura di Ferri sia poliedrica dal punto di vista artistico, e mostra il lato "curioso" e quasi "morboso" che l'artista esterna fin da giovane. Nel 1960 ottiene il Diploma d'Onore per la Ceramica, durante la 24° mostra dell' Artigianato a Firenze. Nello stesso anno gli viene conferito il Diploma di Benemerenza durante il 28° Concorso Nazionale della Ceramica a Faenza. L'anno seguente, nel 1961 ottiene il Diploma di Benemerenza per la ceramica durante la 25° mostra dell' Artigianato sempre a Firenze. Nel 1962 viene insignito del Diploma di Benemerenza - Palais de Beaulieu a Losanna in Svizzera. Nel 1963 riceve il Diploma d' Onore per la Ceramica durante la 28° mostra dell' Artigianato a Firenze, premio che ottenne anche l'anno successivo, ovvero nel '63 sempre nella stessa disciplina. Nel 1966 tiene una mostra personale per la prima volta ad Onano (VT).Nel 1972 espone le sue opere in una mostra personale a Montecatini, presso la Galleria Tamerici. L'anno seguente tiene una mostra personale presso la Galleria Bellariva di Firenze. Nel 1974 espone con una mostra propria presso la Galleria Valian a Pistoia e, sempre nel '74 viene insignito del premio di Pittura "2001" a Prato. Il 1975 fu un anno prolifico per l'artista, infatti gli viene consegnato il Premio per il Concorso Nazionale di Pittura "Bareggio" a Milano, espone in una mostra collettiva presso la Galleria Scolopium di Firenze, ottiene il Premio di Pittura "2001" a Prato e tiene una mostra personale presso il Circolo Ambrosiano "Meneghin e Cecca" dell' Accademia Internazionale della Tavola Rotonda a Milano. Nel 1976,nel suo ultimo anno, duplica a Firenze esponendo con una mostra personale sia presso la Galleria Scolapium, sia presso la Galleria Guelfa. Claudio Ferri muore a Firenze, lontano dal suo paese natale, l'8 Luglio dello stesso anno.
In tanti hanno parlato di lui, anche persone di spicco del panorama di quegli anni, che hanno visto in lui, oltre che un artista dalle tante sfaccettature, un uomo dalla forte personalità, desideroso di esprimere anche con un semplice schizzo estemporaneo, fatto di getto su un qualsiasi tipo di supporto, l'idea dettata dalla visione che poteva avere della realtà in ogni sua piccola tematica (spesso dietro i suoi quadri possiamo notare la rappresentazione nuda e paradossale della vita che si svolgeva intorno a lui, nella quale fa intervenire tutte le sfere del sociale, da quella politica, a quella religiosa o quella del lavoro, che rendeva per certi aspetti caricaturale, facendo interpretare la giusta parte a persone realmente esistite del suo tempo che lo circondavano).
" Era un uomo forte, pieno di vita e di fare dell'arte qualcosa di sociale per scuotere la società stessa; difatti le sue tele sono avvolte da un lirismo che non è formale. ma bensì pieno di vita. La pittura originalissima di quest' artista singolare è quasi sempre forte e violenta come un pugno in pieno stomaco. Tale è tanta la violenza dei colori e di tinte, la cruda efficacia delle forme e delle immagini, la potente forza del tratto da spaventare quasi chi si avvicina ad essa per la prima volta. Nelle sue figure, quasi sempre enormi,si nota facilmente la protesta vigorosa di questo uomo, pure lui massiccio e gigantesco,che vede ed annota le incongruenze fra il mondo che lui ha imparato a conoscere ed amare fra le pareti domestiche ed i campi della sua Onano e quello falso e ed artificioso che lo circonda, dominato da una società senza principi e freni morali, dove tutto quello che conta è il farsi largo a tutti i costi,in qualsiasi momento e a qualunque prezzo ".
Luciano Occhipinti
“Caro Ferri, mi chiedi una testimonianza quasi come un favore per la tua prossima personale. Il favore, invece, lo fai tu a me. Tanto mi è gradito esternarti la mia stima che va parimenti all'uomo quanto all'artista. E certo tu sai meglio di me, essendo « addetto ai lavori », quanto raramente le doti dell'uomo si accomunino a quelle dell'artista. La tua onestà, la tua semplicità, (quella che per raggiungerla bisogna sacrificare una vita, dopo essere stati, eroicamente direi, rigorosi con se stessi) è quella delle tue opere. Belle e vive. Grandiose anche quando la misura delle tele, anziché a metri, la si misura a centimetri. Perché la grandiosità della tua pittura è dentro le cose, dentro la vitalità delle cose che rappresenti; uomini, per primi, e paesaggi e oggetti. Tu sei uomo mite, come mite (eppure esplodente) è la tua arte. Che dal nucleo della verità (una verità intima che scopri mirabilmente dentro le tue rappresentazioni) si irradia il fascino delle tue composizioni: vere prima, quando le accarezzi dentro di te: vere « durante », quando la tua tavolozza le colloca e le colorisce con un rispetto « religioso » cioè universale; vere « dopo »; per gli altri. Riconoscibili, godibili. Sempre tuo .”
Salvatore Sorbello – 1976
“Ferri, affronta la sua realtà poetica con tanta energia, che l'intuizione ha una sua individualità autentica, ed è verosimilmente elettiva. Sembra, cioè che Ferri, trovi per natura una materia pittorica paragonabile a quella dei maestri.”
« DALLA RIVISTA MONTECATINI E LE SUE TERME » in occasione della Mostra alle Terme Tamerici di Montecatini nel Settembre 1972.
“... opere assai intense di contenuto e di materia, realizzate con energia e in forte polemica nei confronti dell'accademismo sempre più allettante e di facile lettura. “
Renzo Vannacci
“Grumo sodo di colore, chiarezza di Squadre, leggibilità sonora di Forme “
Renzo Federici
“ Dipinge un suo mondo, un mondo inquieto, comune persuasione profonda che lo anima intimamente e lo racchiude nel suo segreto significato. “
Angelo Spinillo
“Le opere del Ferri, mi interessano, per l'ambiente che raccontano, per la vivacità di quel racconto e per il bisogno di libertà che esprimono. “
Giovanni Michelucci
“... è un'artista istintivo spesso violento nei toni, e narra con popolana immediatezza. “
Aurelio Ragionieri
“Ho avuto la fortuna di conoscere Claudio, un uomo che al primo impatto trasmetteva luce e lealtà. La luce trasmessa era quella della Tuscia dove era nato e che portava sempre con sé, la luce dorata e sanguigna come il tufo della sua terra, la luce carica di odori di cantina, di fumo di camini, di erba tagliata. La lealtà di Claudio era cristallina come i rigagnoli dei suoi campi a Onano, come il bianco delle lenzuola stese alle finestre delle case in tufo. Questa luce e questa lealtà sono nei suoi quadri, ma ancora di più nelle sue idee cosi profonde, in continua lotta con tutto un mondo privo di valori. Quei valori che tanto peso hanno avuto in tutta l'opera di Claudio, ai quali non ha mai rinunciato anche quando la solitudine intellettuale e artistica lo circondava. I volti dei suoi modelli, le sue semplici ma grandi nature morte, le sue osterie fino alla raffigurazione del suo uomo crocifisso parlano un linguaggio antico ma sempre vero. Le sue radici affondano nei sentimenti più puri e liberi, non accettano compromessi. Nell' opera di Claudio è presente un grande e universale linguaggio, la realtà. “
Giuseppe Venturini - 25/7/1972
“Non sono in grado di esprimere un giudizio critico sulla pittura e sull'arte in genere; non so dire quindi quale sia il valore « artistico » delle opere di Ferri. Le quali mi interessano per l'ambiente che raccontano, per la vivacità di quel racconto; e per il bisogno di libertà che esprimono. “
Giovanni Michelucci - 28/7/1972
“ Le opere che qui si presentano abbracciano su per giù venti anni di ricerca, dal 1950 ad oggi. Ricerca di che cosa ? Delle condizioni che fanno di un uomo, un uomo qualsiasi - santo o ladro - il protagonista della sua dignità. Sono condizioni di rapporto con la terra, con il sole, con la fatica, con la morte. Sono quelle che danno a un uomo la sua dignità, perché sono la sua verità. Ferri ritrova questi rapporti, li espone con lucidità, eliminando con gesto ormai sicuro tutto ciò che non è loro essenziale. La sua è una pittura involontariamente dimostrativa, quasi didattica. Ferri ama definirsi un artigiano, non un artista; al servizio della gente semplice di quella stessa che appare nelle sue tele. Osserviamole : durante venti anni, le forme semplici, i gesti delle figure, essenziali come quelli di un rito «il rito della commedia umana » sono state arricchite da scoppi di colore abbagliante, e luci aspre contrapposte, «linguaggio pittorico oramai sicuro ed inconfondibile» per esprimere giudizi che anche se taglienti e talvolta amari, non sono mai di condanna, ma sono sempre ricchi di profonda umanità. Una umanità essenziale, pulita, morale, e perciò religiosa. Era quasi inevitabile che il protagonista fondamentale delle sue tavole, assomigliasse al Cristo: non è il Cristo della tradizione iconografica, ma quello inchiodato a torso nudo, o sorretto dai compagni di lavoro, o fucilato. Non ha senso chiedersi se il soggetto del quadro è religioso o meno. Ogni tavola si apparenta, per senso religioso all'arte parietale dei pittori romanici, alle vetrate delle cattedrali. La pittura di Ferri é murale. Non esistono, di questo pittore, quadri da appendere in un salotto. Le sue tavole sono concepite sempre per far parte dello spazio che coinvolge l'avventura umana, e contribuire a dargli un senso. Perciò un architetto é forse oggi la persona naturalmente più preparata per cogliere il significato di questa pittura. Da essa si manifesta lo stesso meditato ottimismo che qualifica ogni operazione progettuale, accettando la verità della condizione umana, non per rassegnarvisi, ma per svilupparne la carica vitale, e rifiuta per istinto l'alienazione della rinuncia. “
Giuliano Maggiora
“ Sono ormai sedici mesi che Claudio Ferri ci ha lasciato. Ancor giovane, con dinanzi a sé tutto un programma d'ardito lavoro e nel cuore tante speranze, la morte lo disarmò del suo sapiente pennello, quasi all'improvviso, a tradimento. Benvoluto per la sua modestia da chiunque ebbe la ventura d'incontrarlo, per la sua mitezza quasi da fanciulla, fu altrettanto apprezzato quale pittore, ceramista e scultore d'indubbio valore. Compunto discepolo di Giovanni Michelucci e Carlo Maggiora s'inserì autorevolmente in quel movimento di pittura definito « della realtà » assumendovi posizione di notevole rilievo ed elevato prestigio. Frequentò, con religiosa attenzione, gli studi di Pietro Annigoni e di Antonio Bueno traendone vigore di tratto e perfezione di stile mantenendo, pur sempre, la sua carica narrativa inconfondibile per possenza d'espressione e suggestivo impasto di colori. Pistoia è fiera d'averlo avuto tra le sue antiche mura, nelle sue gallerie, a tu per tu con il suo pubblico scaltrito ed esigente e gli è grata della particolare e tangibile riconoscenza con la quale egli la contraccambiò copiosamente. L'E.P.T., quasi ad interpretare i sentimenti di entrambi, si fa vantò di proporre ai pistoiesi ed ai suoi illustri ospiti, in occasione delle celebrazioni del 7° Centenario della Fondazione dello Spedale del Ceppo, questa rassegna retrospettiva, modesta parte della colossale opera dell'Amico e Pittore Fiorentino, Claudio Ferri. “
Giovanni Casanuovi – Mostra “ Retrospettiva” a Pistoia – 26 Novembre -3 Dicembre 1977
“Ciò che subito colpisce l'osservatore sono i colori forti, vivaci, che gli permettono di esprimere la sua visione fondamentalmente positiva del mondo. Già da qualche anno Claudio ci ha introdotti nel suo paesino laziale, ci ha fatto penetrare nei vicoli di un mondo di ricordi in cui persino le ombre assumono corposità e peso pittorico. Il loro gioco che si frange per le scale e per le piazze di Onano ci riporta a infanzie sognate e vissute su lastricati familiari, sotto un abbacinante sole pomeridiano; i colori decisi e tuttavia non violenti ci fanno penetrare nella dimensione umana del pittore. È una dimensione che si era già rivelata nei primi ritratti di fanciulla, arcaici e statuari, in cui si osserva una grazia espressiva manifestate non dal volto idealizzato bensì dalla posizione che veniva ad assumere la figura nella tela: leggermente protese in avanti, inarcate insensibilmente sotto il peso di passioni e dolori appena accennati. Benché le sue figure abbiano una forte caratterizzazione facilmente confondibile con violenza e rudezza espressiva, tutta l'opera configura casi e valori universalmente sentiti nella loro semplicità. Una pittura tangibile, la sua: prospettica e plastica. Non a caso si è dedicato per lungo tempo alla ceramica e ancora si occupa di scultura. Le sue forme non sono mai evanescenti ma sempre concrete, e le stesse luci plasmano la consistenza degli oggetti. Le sue nude damigiane dal vetro grosso e verde si adagiano spesso accanto a grosse ceste ricolme di frutta vivace. Tuttavia ogni singolo vaso, ogni frutto, benché ripetuto, assume valori continuamente nuovi nei diversi rapporti di spazio. In effetti Claudio pone gli oggetti che dipinge in una luce sempre diversa, come se li avesse appena scoperti e, dimentico del valore quotidiano che essi hanno, vi infonde quello che egli stesso attribuisce loro nel proprio linguaggio colmo di significati. Da questa continua proposta vitale dipende il calore della sua arte, che del resto si riscontra in tutta l'opera: qualsiasi soggetto egli proponga, è sempre l'autore, il pittore stesso che si presenta, senza ipocriti paraventi di ideologia. Le sue tele diventano parte integrante di lui: il suo mondo e il suo spazio familiare.”
Valeria Santini di anni 15 – 1977
“ Tra gli artisti che si sono affacciati in questi ultimi tempi quasi d'improvviso alla ribalta - diciamo d'improvviso perché le loro apparizioni sono state sempre molto saltuarie e come nascoste - è certo da annoverare Claudio Ferri. Un pittore di indiscussa personalità, di chiara invenzione e costanza di dizione. Caratteristiche, queste, che qualificano la sua attività e la sua arte che è tenacemente impegnata nella riproposta del reale. Un reale che ha il segno vivo di chi in esso e per esso ha vissuto e sofferto. È dunque, un recupero di bellezza e di limpidezza, cui sottintende, tuttavia anche un'immanenza, legata alla memoria delle cose, che paiono assaporate e ora ingigantite come lo furono in effetti nel favoloso mondo della fanciullezza. Ma al di là dei valori intimi che emanano dalla sua attività, è la messa in opera dei dati conoscitivi quello che più impressiona, la disinvoltura, persino, con cui tale suo linguaggio viene rapportato in armonia ed equilibri di grande significazione pittorica. “
Umberto Baldini
ELENCO OPERE
- Cavalli al pascolo
- Cavalli in allerta
- Ragazza col vestito blu
- Paesaggio in tufo
- Cavallino
- Le vie del capodisotto
- Onano vecchia
- Paesaggio verde
- Onano vecchia 2
- Onano vecchia colorata
- Ragazza con la fionda
- Natura morta
- Natura morta con boccione
- Ragazza sul muretto
- Medusa
- Natura morta con sacchi di farina
- Le piagge del capo disotto
- Le filatrici
- Vecchio casale onanese
- Ragazza con l'ombrello rosso
- Cavallo bianco
- Profilo di ragazza coi capelli raccolti
- Bambino - La principessa
- Onano
- Ritratto di Michelucci
- Ragazza col vestito giallo
- Natura morta su panno colorato
- L'essere madre - Bozza delle filatrici
- Le rovine dell'antichita
- Ritratto di Michelucci 2
- La crocifissione stilizzata
- Piccolo autoritratto
- Le rovine 1
- Allegoria
- Fucilato
- Figura crocefissa 1
- Figura crocefissa 2
- Figure in grigio
- Testa di crocefisso
- Folla
- Operaio Caduto
- Ritratti
- Figura in rosso -
- Figura di vecchio
- Natura morta N. 1
- Natura morta N. 2
- Natura morta N. 3
- Natura morta N. 4
- Natura morta N. 5
- Paesaggio del Lazio 1
- Paesaggio del Lazio 2
- Ritratto
- Autoritratto
- Ritratto
- Nudo di schiena
- Testa di giovinetta 1
- Testa di giovinetta 2
- Testa di giovinetta 3
- Tramonto
- Figura allegorica
- Studio N. 1
- Studio N. 2
- Studio N. 3
- Riposo nei sacchi
- Figure con Asina
- Figura nel prato
- Paesaggio Toscano
- Natura morta N. 8
- Filatrice
- Ritratto
1952 Ritratto della Madre col fratello
1952 L'operaio ferito
1952 La nonna
1952 Giovanni col tavolo verde
1955 La Deposizione
1956 Crocifisso
1956 Bambina che lava
1957 Crocifisso con i pantaloni
1958 Volto del Crocifisso
1959 Autoritratto in mezzo alla folla
1962 Cavallino
1962 Via Crucis
1964 Il potere costituito
1965 Paesaggio col canneto
1965 Ritratto di ragazza
1967 Le filatrici
1967 Ritratto rosso
1967 Ragazza sul prato
1967 Studio per la Festa della Repubblica
1968 Primo baccanale 1968 Il terremotato
1968 La mela rossa
1969 La maschera
1969 Ritratto di Giovanni
1969 Secondo ritratto di Giovanni
1969 Natura morta
1969 Natura morta con damigiana
1969 La ragazza con le calze blu
1970 Autoritratto
1971 Natura morta con la zucca
1971 Ritrattino in giallo
1971 Ritrattino coi capelli neri
1972 Ritratto di Giovanni Michelucci
1973 Studi per una vetrata
1974 Ragazza col vestito rosso
1974 Volto del Cristo
1976 L'ultimo baccanale
- LINA CAVALIERI -
Tra i personaggi illustri va annoverata Lina Cavalieri, la "donna più bella del mondo": sua madre, Teonilla Peconi, infatti, aveva origini onanesi; così come il suo primo agente Romeo Giuliani.
Natalina (questo il suo nome di battesimo) nacque a Roma il giorno di natale del 1874 e dopo umili lavori, a soli quattordici anni cominciò a calcare le scene.
Con il repertorio di tre canzonette e un abito di stoffa celeste esordì nell'aprile del 1894 a Roma in un teatrino di piazza Novara, con un compenso di una lira al giorno. I successo fu immediato e nello stesso anno partecipò a diversi spettacoli all'Eden, al Circo delle Varietà e all'Eldorado di Napoli con un repertorio di canzoni partenopee tra le quali Ninuccia (di cui fu la prima interprete) e le famose Maria Marì, 'O sole mio, Marechiaro e Luna Nuova.
Quasi di colpo si trovò all'apice della notorietà debuttando alle Folies-Bergère e ottenendo un grandissimo successo oltre che per la limpida e giovane voce anche per la bellezza e l'intelligente idea di farsi accompagnare sulla scena da un'orchestrina di dame con chitarre e mandolini.
Da Parigi passò a Berlino, Londra e San Pietroburgo dove sposò il suo primo marito, il principe Bariatinskij (tanto ricco da regalarle, tra l'altro, una splendida collana di smeraldi già appartenuta a Lady Hamilton).
Ma Lina non poteva resistere al richiamo del palcoscenico. Ottenne il divorzio, tornò in Italia, studiò canto lirico con Mariana Masi, e dopo appena un anno di tirocinio debuttò al teatro San Carlo di Napoli nella Bohème di Puccini, replicando uno strepitoso successo.
Ebbe così inizio per lei una lunga serie di trionfi in tutto il mondo accanto a celebri nomi della lirica quali Caruso e Tamagno.
Si sposò nuovamente (e nuovamente divorziò) prima con un milionario americano e poi con un tenore francese, interpretò alcuni film, incise dischi e mise a frutto la sua straordinaria avvenenza aprendo una "Maison de beautè" in Avenue Victor Emmanuel, a Parigi, frequentatissima dalla migliore nobiltà di Francia e dell'intera Europa.
Visitò Onano, il paese della madre, nel 1912, in occasione della festa della patrona, Santa Colomba. Fu allora che donò alla comunità alcuni dei suoi abiti di scena per vestire la statua della Santa.
Fu definita dalla stampa dell'epoca "la donna più bella del mondo", dotata di una voce incantenvole e di un grande fascino e lo stesso Gabriele d'Annunzio le dedicò una copia del romanzo Il piacere (1899) definendola la massima testimonianza di Venere in Terra.
Poi, quando il suo viso non serbò più tracce del passato splendore, si nascose nella sua villa di Fiesole.
Una cartomante parigina gli aveva predetto che un giorno sarebbe morta di morte violenta. Così infatti accadde: in un attacco aereo nemico del 6 Marzo 1944 su Firenze, una bomba distrusse la sua villa seppellendola sotto le macerie.
In uno scritto di Gustavo Traglia (ricordato dal De Mura) si legge:
"Dietro al suo carro, in quei giorni tristi e dolorosi, c'erano un prete,
sei persone, ed una folla di ricordi che però nessuno vide".
La sua vita fu rievocata da Gina Lollobrigida nel film La donna più bella del mondo (1955).
Natalina (questo il suo nome di battesimo) nacque a Roma il giorno di natale del 1874 e dopo umili lavori, a soli quattordici anni cominciò a calcare le scene.
Con il repertorio di tre canzonette e un abito di stoffa celeste esordì nell'aprile del 1894 a Roma in un teatrino di piazza Novara, con un compenso di una lira al giorno. I successo fu immediato e nello stesso anno partecipò a diversi spettacoli all'Eden, al Circo delle Varietà e all'Eldorado di Napoli con un repertorio di canzoni partenopee tra le quali Ninuccia (di cui fu la prima interprete) e le famose Maria Marì, 'O sole mio, Marechiaro e Luna Nuova.
Quasi di colpo si trovò all'apice della notorietà debuttando alle Folies-Bergère e ottenendo un grandissimo successo oltre che per la limpida e giovane voce anche per la bellezza e l'intelligente idea di farsi accompagnare sulla scena da un'orchestrina di dame con chitarre e mandolini.
Da Parigi passò a Berlino, Londra e San Pietroburgo dove sposò il suo primo marito, il principe Bariatinskij (tanto ricco da regalarle, tra l'altro, una splendida collana di smeraldi già appartenuta a Lady Hamilton).
Ma Lina non poteva resistere al richiamo del palcoscenico. Ottenne il divorzio, tornò in Italia, studiò canto lirico con Mariana Masi, e dopo appena un anno di tirocinio debuttò al teatro San Carlo di Napoli nella Bohème di Puccini, replicando uno strepitoso successo.
Ebbe così inizio per lei una lunga serie di trionfi in tutto il mondo accanto a celebri nomi della lirica quali Caruso e Tamagno.
Si sposò nuovamente (e nuovamente divorziò) prima con un milionario americano e poi con un tenore francese, interpretò alcuni film, incise dischi e mise a frutto la sua straordinaria avvenenza aprendo una "Maison de beautè" in Avenue Victor Emmanuel, a Parigi, frequentatissima dalla migliore nobiltà di Francia e dell'intera Europa.
Visitò Onano, il paese della madre, nel 1912, in occasione della festa della patrona, Santa Colomba. Fu allora che donò alla comunità alcuni dei suoi abiti di scena per vestire la statua della Santa.
Fu definita dalla stampa dell'epoca "la donna più bella del mondo", dotata di una voce incantenvole e di un grande fascino e lo stesso Gabriele d'Annunzio le dedicò una copia del romanzo Il piacere (1899) definendola la massima testimonianza di Venere in Terra.
Poi, quando il suo viso non serbò più tracce del passato splendore, si nascose nella sua villa di Fiesole.
Una cartomante parigina gli aveva predetto che un giorno sarebbe morta di morte violenta. Così infatti accadde: in un attacco aereo nemico del 6 Marzo 1944 su Firenze, una bomba distrusse la sua villa seppellendola sotto le macerie.
In uno scritto di Gustavo Traglia (ricordato dal De Mura) si legge:
"Dietro al suo carro, in quei giorni tristi e dolorosi, c'erano un prete,
sei persone, ed una folla di ricordi che però nessuno vide".
La sua vita fu rievocata da Gina Lollobrigida nel film La donna più bella del mondo (1955).
- PAPA PIO XII (EUGENIO MARIA GIUSEPPE GIOVANNI PACELLI) -
Eugenio Maria Giuseppe Giovanni Pacelli nacque a Roma il 2 marzo 1876, terzogenito dell'avvocato della Sacra Rota Filippo e di Virginia Graziosi.
Il padre del futuro Papa era nato ad Onano dove Eugenio trascorse molti anni della sua giovinezza.
I titoli nobiliari della famiglia Pacelli erano recente conseguenza dei tempi della seconda Repubblica Romana (1848-1849) quando il papa-re Pio IX fu esiliato a Gaeta e Marcantonio Pacelli da Onano, nonno paterno di Eugenio, che aveva seguito il Papa nella cittadina laziale, fu premiato con i titoli di principe e di marchese.
Dopo le elementari frequentate in una scuola privata cattolica e la frequenza al liceo di Stato "Ennio Quirino Visconti", Eugenio Pacelli entrò nel Collegio Capranica e poi, dal 1894 al 1899, studiò teologia alla Gregoriana presso cui si dottorò nel 1901, quando già da due anni era stato ordinato sacerdote (1899). Del 1902 è la laurea in giurisprudenza.
Eugenio sentì sin da piccolo la "vocazione": pare che nei momenti liberi amasse far finta di celebrare la Messa.
Dietro raccomandazione del cardinale Vincenzo Vannutelli, Pacelli iniziò una rapida carriera nella Curia romana come segretario del cardinale Pietro Gasparri e nel 1904, dopo la specializzazione accademica in relazioni fra Stato e Chiesa, fu promosso e divenne monsignore-ciambellano del papa Pio X. Partecipò alla stesura di un nuovo codice di diritto canonico e, a partire dal 1911 divenne sottosegretario agli affari esteri.
In questa veste fu artefice del concordato stipulato tra il Regno di Serbia e la Santa Sede il 24 giugno del 1914, pochissimi giorni prima dell'inizio della Grande Guerra.
Il 13 ottobre 1917 (lo stesso giorno delle apparizioni della Vergine a Fatima) Benedetto XV lo consacrò arcivescovo con il titolo in partibus infidelium di Sardi e lo nominò nunzio apostolico in Baviera. Dopo la consacrazione, il neovescovo disse che mentre passeggiava nei Giardini Vaticani avrebbe assistito stupefatto al "miracolo del sole". Anche se non sappiamo se ciò sia avvenuto o meno, questa fu una delle cause della forte devozione di Papa Pacelli nei confronti della Madonna di Fatima. Dal 1925 Pacelli fu anche nunzio apostolico in Prussia. In tale veste egli concluse i concordati con i due Länder: in Baviera nel 1924, in Prussia nel 1929.
Sempre nel 1929, l'11 febbraio, Mussolini e il cardinal Gasparri firmarono i Patti Lateranensi, frutto della mediazione di Domenico Barone e dell'avvocato Francesco Pacelli, fratello del Pontefice, mancato un mese prima.
Fu primo nunzio per l'intera Germania con sede nella nuova nunziatura di Berlino. . Nel 1929, l'automobile su cui viaggiava fu assalita da un gruppo di nazisti che lo volevano bastonare. Uno di loro estrasse la pistola e la puntò alla testa di Pacelli; grazie all'intervento di una coraggiosa suora tedesca, Pascalina Macher, il nunzio fu lasciato libero e i nazisti se ne andarono.
Eugenio Pacelli fu nominato cardinale da Pio XI il 16 dicembre 1929; il 7 febbraio 1930 divenne segretario di Stato.
Pio XI morì il 10 febbraio 1939. In qualità di camerlengo, toccò proprio a Pacelli dirigere il conclave che ne seguì. Il 2 marzo 1939, dopo solo tre scrutini e un giorno di votazioni, la scelta ricadde sullo stesso Pacelli, che si impose il nome di Pio XII, a simboleggiare la continuità dell'operato con il precedente capo della Chiesa.
Divenuto Sommo Pontefice Eugenio pacelli non dimenticò mai Onano, certo gli impegni del suo alto ministero non permettevano soste, ma quando le circostanze lo favorivano, manifestava con gesti reali il suo amore per il paese dei suoi avi, ma ancor più della sua giovinezza. Mandò arredi sacri per la Chiesa di S.Croce, inviò la somma di trecentomila lire per il restauro della facciata della Chiesa. Si interessò personalmente affinchè fosse ricostruita la chiesa distrutta da un bombadamento e volle benedire la prima pietra..
Del 1939 fu la sua prima enciclica Summi pontificatus, nella quale attaccò genericamente qualsiasi forma di totalitarismo; nello stesso anno proclamò san Francesco d'Assisi e santa Caterina da Siena patroni d'Italia. Nel 1940 riconobbe definitivamente le apparizioni di Fatima e incontrò più volte suor Lucia e le ordinò di trascrivere i famosi "segreti di Fatima" diventando quindi il primo pontefice a conoscere il famoso "terzo segreto" che ordinò però di far restare nascosto.
Eletto in un periodo di grandi tensioni internazionali, con il regime nazista che iniziava ad occupare molti territori europei, il Papa tentò invano di scongiurare il rischio di una nuova guerra mondiale.
Durante l'occupazione nazista dell'Italia, dopo l'8 settembre offrì asilo politico presso la Santa Sede a molti esponenti politici antifascisti tra cui Alcide De Gasperi e Pietro Nenni, appellandosi all'extraterritorialità della Città del Vaticano.
Nel 1944, quando i Tedeschi proposero agli Ebrei romani lo scambio di oro in cambio della libertà, il Papa contribuì con una forte somma.
Nel 1944 poco prima della liberazione, riuscì grazie ad un incessante attività diplomatica a far proclamare Roma "città aperta".
Il 4 giugno 1944, dopo la liberazione ricevette in Vaticano i soldati alleati. La domenica successiva, i Romani si recarono in massa a Piazza San Pietro a salutare e a festeggiare il Papa, che, di fatto, era l'unica autorità rimasta nella capitale, dopo l'8 settembre.
Neutrale durante il referendum istituzionale del 2 giugno 1946, dovette a guerra finita fronteggiare la nascita della guerra fredda e della divisione del mondo in due blocchi contrapposti.
L'anno successivo, con un atto clamoroso scomunicò i comunisti e in seguito alle persecuzioni dei cristiani nell'Europa dell'Est, ne scomunicò i capi di governo. Inoltre cercò di attivare contatti e di salvare i cattolici dalle deportazioni nei gulag sovietici, pur senza riuscirci.
Ma in un mondo ancora segnato dalle ferite della guerra, intuì che più che un Papa politico, la gente aveva bisogno di un "pastore angelico che porta il suo gregge sulle vie della pace". Con questi intenti, Pio XII proclamò il Giubileo del 1950, cui molti si dichiararono contrari. In tanti, sostenevano che l'Italia ancora distrutta dalla guerra non era in grado di reggere ad una manifestazione di respiro mondiale. Invece, il Giubileo con il suo messaggio di riconciliazione, speranza e pace fu un vero trionfo con oltre un milione e mezzo di pellegrini che tralaltro contribuì a far conoscere le bellezze italiane all'estero, favorendo i primi boom turistici.
Pio XII morì a Castelgandolfo alle 3.52 del 9 ottobre 1958 a seguito di un'ischemia circolatoria e di collasso polmonare. L'archiatra papale, Riccardo Galeazzi Lisi, scattò di nascosto delle fotografie al Papa agonizzante e le vendette a prezzo d'asta ai giornali, insieme al resoconto degli ultimi giorni di vita del Pontefice.
Fu uno scandalo e il collegio cardinalizio lo licenziò in tronco ma le foto avevano già fatto il giro del mondo.
La salma di Pio XII fu trasportata in Vaticano con un carro funebre del Comune di Roma. Eugenio Pacelli è sepolto nelle Grotte Vaticane vicino alla Tomba di Pietro, che egli contribuì a individuare.
Negli anni novanta è stato dichiarato venerabile da Papa Giovanni Paolo II.
Il padre del futuro Papa era nato ad Onano dove Eugenio trascorse molti anni della sua giovinezza.
I titoli nobiliari della famiglia Pacelli erano recente conseguenza dei tempi della seconda Repubblica Romana (1848-1849) quando il papa-re Pio IX fu esiliato a Gaeta e Marcantonio Pacelli da Onano, nonno paterno di Eugenio, che aveva seguito il Papa nella cittadina laziale, fu premiato con i titoli di principe e di marchese.
Dopo le elementari frequentate in una scuola privata cattolica e la frequenza al liceo di Stato "Ennio Quirino Visconti", Eugenio Pacelli entrò nel Collegio Capranica e poi, dal 1894 al 1899, studiò teologia alla Gregoriana presso cui si dottorò nel 1901, quando già da due anni era stato ordinato sacerdote (1899). Del 1902 è la laurea in giurisprudenza.
Eugenio sentì sin da piccolo la "vocazione": pare che nei momenti liberi amasse far finta di celebrare la Messa.
Dietro raccomandazione del cardinale Vincenzo Vannutelli, Pacelli iniziò una rapida carriera nella Curia romana come segretario del cardinale Pietro Gasparri e nel 1904, dopo la specializzazione accademica in relazioni fra Stato e Chiesa, fu promosso e divenne monsignore-ciambellano del papa Pio X. Partecipò alla stesura di un nuovo codice di diritto canonico e, a partire dal 1911 divenne sottosegretario agli affari esteri.
In questa veste fu artefice del concordato stipulato tra il Regno di Serbia e la Santa Sede il 24 giugno del 1914, pochissimi giorni prima dell'inizio della Grande Guerra.
Il 13 ottobre 1917 (lo stesso giorno delle apparizioni della Vergine a Fatima) Benedetto XV lo consacrò arcivescovo con il titolo in partibus infidelium di Sardi e lo nominò nunzio apostolico in Baviera. Dopo la consacrazione, il neovescovo disse che mentre passeggiava nei Giardini Vaticani avrebbe assistito stupefatto al "miracolo del sole". Anche se non sappiamo se ciò sia avvenuto o meno, questa fu una delle cause della forte devozione di Papa Pacelli nei confronti della Madonna di Fatima. Dal 1925 Pacelli fu anche nunzio apostolico in Prussia. In tale veste egli concluse i concordati con i due Länder: in Baviera nel 1924, in Prussia nel 1929.
Sempre nel 1929, l'11 febbraio, Mussolini e il cardinal Gasparri firmarono i Patti Lateranensi, frutto della mediazione di Domenico Barone e dell'avvocato Francesco Pacelli, fratello del Pontefice, mancato un mese prima.
Fu primo nunzio per l'intera Germania con sede nella nuova nunziatura di Berlino. . Nel 1929, l'automobile su cui viaggiava fu assalita da un gruppo di nazisti che lo volevano bastonare. Uno di loro estrasse la pistola e la puntò alla testa di Pacelli; grazie all'intervento di una coraggiosa suora tedesca, Pascalina Macher, il nunzio fu lasciato libero e i nazisti se ne andarono.
Eugenio Pacelli fu nominato cardinale da Pio XI il 16 dicembre 1929; il 7 febbraio 1930 divenne segretario di Stato.
Pio XI morì il 10 febbraio 1939. In qualità di camerlengo, toccò proprio a Pacelli dirigere il conclave che ne seguì. Il 2 marzo 1939, dopo solo tre scrutini e un giorno di votazioni, la scelta ricadde sullo stesso Pacelli, che si impose il nome di Pio XII, a simboleggiare la continuità dell'operato con il precedente capo della Chiesa.
Divenuto Sommo Pontefice Eugenio pacelli non dimenticò mai Onano, certo gli impegni del suo alto ministero non permettevano soste, ma quando le circostanze lo favorivano, manifestava con gesti reali il suo amore per il paese dei suoi avi, ma ancor più della sua giovinezza. Mandò arredi sacri per la Chiesa di S.Croce, inviò la somma di trecentomila lire per il restauro della facciata della Chiesa. Si interessò personalmente affinchè fosse ricostruita la chiesa distrutta da un bombadamento e volle benedire la prima pietra..
Del 1939 fu la sua prima enciclica Summi pontificatus, nella quale attaccò genericamente qualsiasi forma di totalitarismo; nello stesso anno proclamò san Francesco d'Assisi e santa Caterina da Siena patroni d'Italia. Nel 1940 riconobbe definitivamente le apparizioni di Fatima e incontrò più volte suor Lucia e le ordinò di trascrivere i famosi "segreti di Fatima" diventando quindi il primo pontefice a conoscere il famoso "terzo segreto" che ordinò però di far restare nascosto.
Eletto in un periodo di grandi tensioni internazionali, con il regime nazista che iniziava ad occupare molti territori europei, il Papa tentò invano di scongiurare il rischio di una nuova guerra mondiale.
Durante l'occupazione nazista dell'Italia, dopo l'8 settembre offrì asilo politico presso la Santa Sede a molti esponenti politici antifascisti tra cui Alcide De Gasperi e Pietro Nenni, appellandosi all'extraterritorialità della Città del Vaticano.
Nel 1944, quando i Tedeschi proposero agli Ebrei romani lo scambio di oro in cambio della libertà, il Papa contribuì con una forte somma.
Nel 1944 poco prima della liberazione, riuscì grazie ad un incessante attività diplomatica a far proclamare Roma "città aperta".
Il 4 giugno 1944, dopo la liberazione ricevette in Vaticano i soldati alleati. La domenica successiva, i Romani si recarono in massa a Piazza San Pietro a salutare e a festeggiare il Papa, che, di fatto, era l'unica autorità rimasta nella capitale, dopo l'8 settembre.
Neutrale durante il referendum istituzionale del 2 giugno 1946, dovette a guerra finita fronteggiare la nascita della guerra fredda e della divisione del mondo in due blocchi contrapposti.
L'anno successivo, con un atto clamoroso scomunicò i comunisti e in seguito alle persecuzioni dei cristiani nell'Europa dell'Est, ne scomunicò i capi di governo. Inoltre cercò di attivare contatti e di salvare i cattolici dalle deportazioni nei gulag sovietici, pur senza riuscirci.
Ma in un mondo ancora segnato dalle ferite della guerra, intuì che più che un Papa politico, la gente aveva bisogno di un "pastore angelico che porta il suo gregge sulle vie della pace". Con questi intenti, Pio XII proclamò il Giubileo del 1950, cui molti si dichiararono contrari. In tanti, sostenevano che l'Italia ancora distrutta dalla guerra non era in grado di reggere ad una manifestazione di respiro mondiale. Invece, il Giubileo con il suo messaggio di riconciliazione, speranza e pace fu un vero trionfo con oltre un milione e mezzo di pellegrini che tralaltro contribuì a far conoscere le bellezze italiane all'estero, favorendo i primi boom turistici.
Pio XII morì a Castelgandolfo alle 3.52 del 9 ottobre 1958 a seguito di un'ischemia circolatoria e di collasso polmonare. L'archiatra papale, Riccardo Galeazzi Lisi, scattò di nascosto delle fotografie al Papa agonizzante e le vendette a prezzo d'asta ai giornali, insieme al resoconto degli ultimi giorni di vita del Pontefice.
Fu uno scandalo e il collegio cardinalizio lo licenziò in tronco ma le foto avevano già fatto il giro del mondo.
La salma di Pio XII fu trasportata in Vaticano con un carro funebre del Comune di Roma. Eugenio Pacelli è sepolto nelle Grotte Vaticane vicino alla Tomba di Pietro, che egli contribuì a individuare.
Negli anni novanta è stato dichiarato venerabile da Papa Giovanni Paolo II.
- CARD. PROSPERO CATERINI -
Prospero Caterini (Onano, 15 ottobre 1795 – Roma, 28 ottobre 1881) è stato un cardinale italiano.
Era figlio di Francesco Caterini e di Maria Domenica Pacelli. La sorella del padre, Maria Antonia Caterini, aveva sposato Gaetano Pacelli, bisnonno di Eugenio Pacelli, futuro Pio XII. La famiglia Caterini sarebbe derivata dai Cattanei di Gualdo Cattaneo, conti di Aversa nel 1520, e avrebbe mutato cognome per devozione a santa Caterina d'Alessandria[senza fonte]. I Caterini furono ascritti alla nobiltà di Nocera Umbra, Acquapendente, Onano e furono insigniti del titolo di conti da papa Leone XIII.
Possesso della famiglia fu il castello di Santa Cristina a Grotte di Castro, presso il lago di Bolsena, che ospitò anche il futuro papa Pio XII quando era ancora seminarista.
Il blasone tratto dall'enciclopedia nobiliare dello Spreti riporta: «Arma- Troncato nel I di rosso a tre stelle d'oro ordinate in fascia; nel 2° di azzurro al levriere di argento saliente verso un monte di tre cime dello stesso; fascia di argento attraversante sulla partizione.»Prospero Caterini fu consigliere di papa Pio IX, che lo creò cardinale nel concistoro del 7 marzo 1853, con il titolo di cardinale diacono di Santa Maria della Scala. Fu protonotario apostolico, visitatore apostolico della pia casa degli orfani e del monastero dei Santi Quattro Incoronati, prefetto economico della Propaganda Fide, prefetto della Sacra congregazione del concilio, segretario della "suprema S.C. e della Universale e romana inquisizione", presidente della commissione cardinalizia per la preparazione al primo concilio vaticano
Partecipò al primo Concilio Vaticano e al conclave del 1878 che elesse papa Leone XIII, del quale era molto amico: fu lui ad annunciare dalla loggia della basilica di San Pietro la sua elezione a pontefice.
Morì a Roma il 28 ottobre 1881 e le sue spoglie riposano al cimitero del Verano nel sacello dell'arciconfraternita del Preziosissimo Sangue.
Era figlio di Francesco Caterini e di Maria Domenica Pacelli. La sorella del padre, Maria Antonia Caterini, aveva sposato Gaetano Pacelli, bisnonno di Eugenio Pacelli, futuro Pio XII. La famiglia Caterini sarebbe derivata dai Cattanei di Gualdo Cattaneo, conti di Aversa nel 1520, e avrebbe mutato cognome per devozione a santa Caterina d'Alessandria[senza fonte]. I Caterini furono ascritti alla nobiltà di Nocera Umbra, Acquapendente, Onano e furono insigniti del titolo di conti da papa Leone XIII.
Possesso della famiglia fu il castello di Santa Cristina a Grotte di Castro, presso il lago di Bolsena, che ospitò anche il futuro papa Pio XII quando era ancora seminarista.
Il blasone tratto dall'enciclopedia nobiliare dello Spreti riporta: «Arma- Troncato nel I di rosso a tre stelle d'oro ordinate in fascia; nel 2° di azzurro al levriere di argento saliente verso un monte di tre cime dello stesso; fascia di argento attraversante sulla partizione.»Prospero Caterini fu consigliere di papa Pio IX, che lo creò cardinale nel concistoro del 7 marzo 1853, con il titolo di cardinale diacono di Santa Maria della Scala. Fu protonotario apostolico, visitatore apostolico della pia casa degli orfani e del monastero dei Santi Quattro Incoronati, prefetto economico della Propaganda Fide, prefetto della Sacra congregazione del concilio, segretario della "suprema S.C. e della Universale e romana inquisizione", presidente della commissione cardinalizia per la preparazione al primo concilio vaticano
Partecipò al primo Concilio Vaticano e al conclave del 1878 che elesse papa Leone XIII, del quale era molto amico: fu lui ad annunciare dalla loggia della basilica di San Pietro la sua elezione a pontefice.
Morì a Roma il 28 ottobre 1881 e le sue spoglie riposano al cimitero del Verano nel sacello dell'arciconfraternita del Preziosissimo Sangue.
- MARCANTONIO PACELLI -
Marcantonio Pacelli (Onano, 15 aprile 1804 – Roma, 1902) è stato un avvocato italiano, nonno di Eugenio Pacelli, poi papa col nome di Pio XII.
Marcantonio era figlio di Gaetano Pacelli e Maria Antonia Caterini. La sorella di Gaetano, Maria Domenica, aveva sposato il fratello di sua moglie, Francesco Caterini, il quale fu padre del Cardinale Prospero Caterini. Fu quest'ultimo, avviato alla carriera ecclesiastica dai genitori, a persuadere il cugino Marcantonio a seguirlo a Roma per intraprendere la medesima carriera. Sebbene nel 1824 Marcantonio avesse effettivamente acquisito il dottorato in diritto canonico, egli non prese mai i voti e da laico si dedicò alla vita forense, rimanendo comunque molto legato agli ambienti vaticani a tal punto che papa Gregorio XVI lo nominò avvocato del tribunale della Sacra Rota.
Marcantonio Pacelli ebbe un ruolo chiave durante il pontificato di Pio IX, riscuotendo un grande successo che gli valse la successiva fortuna di tutta la sua famiglia. Insieme a Pio IX, infatti, egli fuggì il 24 novembre 1848 a Gaeta, parte dell'allora Regno delle Due Sicilie mentre Roma era occupata dai repubblicani mazziniani e dalla Repubblica Romana. Il papa rimase in esilio forzato sino all'aprile del 1850 quando poté tornare trionfalmente in città. Durante questo periodo Marcantonio fu più di un semplice avvocato, ma ottenne incarichi di consulente politico degli affari che la chiesa continuava a gestire da lontano.
Dopo il ritorno a Roma il 29 gennaio 1851 Marcantonio venne nominato Vice Ministro degli interni dello Stato Pontificio, posto che egli avrebbe mantenuto sino al settembre del 1870 quando ebbe fine lo Stato della Chiesa. Come ringraziamento per il suo impegno al servizio dello stato ecclesiastico, nel 1853 Marcantonio venne nominato marchese di Acquapendente, ottenendo l'aggiunta nel 1858 del titolo di marchese di Sant'Angelo in Vado.
A partire dal 1861, Marcantonio fu anche uno dei promotori della nascita dell'Osservatore Romano, il quotidiano ufficiale dello Stato della chiesa, fondato per contrastare le correnti anticlericali che si stavano sviluppando in Italia e che di lì a poco avrebbero minacciato lo stesso Stato papale. Dopo l'annessione di Roma allo stato italiano, Marcantonio si rifiutò categoricamente di ricoprire uno qualsiasi degli incarichi propostigli dalle istituzioni del Regno d'Italia rifiutandosi inoltre di riconoscere l'esistenza stessa del nuovo stato.
Marcantonio Pacelli morì a Roma nel 1902 all'età di 98 anni.
Marcantonio era figlio di Gaetano Pacelli e Maria Antonia Caterini. La sorella di Gaetano, Maria Domenica, aveva sposato il fratello di sua moglie, Francesco Caterini, il quale fu padre del Cardinale Prospero Caterini. Fu quest'ultimo, avviato alla carriera ecclesiastica dai genitori, a persuadere il cugino Marcantonio a seguirlo a Roma per intraprendere la medesima carriera. Sebbene nel 1824 Marcantonio avesse effettivamente acquisito il dottorato in diritto canonico, egli non prese mai i voti e da laico si dedicò alla vita forense, rimanendo comunque molto legato agli ambienti vaticani a tal punto che papa Gregorio XVI lo nominò avvocato del tribunale della Sacra Rota.
Marcantonio Pacelli ebbe un ruolo chiave durante il pontificato di Pio IX, riscuotendo un grande successo che gli valse la successiva fortuna di tutta la sua famiglia. Insieme a Pio IX, infatti, egli fuggì il 24 novembre 1848 a Gaeta, parte dell'allora Regno delle Due Sicilie mentre Roma era occupata dai repubblicani mazziniani e dalla Repubblica Romana. Il papa rimase in esilio forzato sino all'aprile del 1850 quando poté tornare trionfalmente in città. Durante questo periodo Marcantonio fu più di un semplice avvocato, ma ottenne incarichi di consulente politico degli affari che la chiesa continuava a gestire da lontano.
Dopo il ritorno a Roma il 29 gennaio 1851 Marcantonio venne nominato Vice Ministro degli interni dello Stato Pontificio, posto che egli avrebbe mantenuto sino al settembre del 1870 quando ebbe fine lo Stato della Chiesa. Come ringraziamento per il suo impegno al servizio dello stato ecclesiastico, nel 1853 Marcantonio venne nominato marchese di Acquapendente, ottenendo l'aggiunta nel 1858 del titolo di marchese di Sant'Angelo in Vado.
A partire dal 1861, Marcantonio fu anche uno dei promotori della nascita dell'Osservatore Romano, il quotidiano ufficiale dello Stato della chiesa, fondato per contrastare le correnti anticlericali che si stavano sviluppando in Italia e che di lì a poco avrebbero minacciato lo stesso Stato papale. Dopo l'annessione di Roma allo stato italiano, Marcantonio si rifiutò categoricamente di ricoprire uno qualsiasi degli incarichi propostigli dalle istituzioni del Regno d'Italia rifiutandosi inoltre di riconoscere l'esistenza stessa del nuovo stato.
Marcantonio Pacelli morì a Roma nel 1902 all'età di 98 anni.