- LA STORIA DI ONANO -
Onano è un centro suggestivo, arroccato su una rupe di Tufo e famoso per la rinomata Lenticchia.
Il simbolo presente nello stemma è L'Agnus Dei (l'Agnello di Dio ), riconducibile al culto di S. Giovanni il Battista, al quale era dedicata una pieve distrutta nel XVI secolo. Incerta è invece l'origine del nome, ma è probabile che i latifondi appartenessero già in epoca romana ad una famiglia gentilizia di nome Haunu. Oppure potrebbe derivare dall'Ontano, piante che erano in origine piantate all'ingresso di Onano, e caduta la "t" sia diventato Onano. Nei dintorni infatti non mancano resti di origine etrusca e romana. Le prime notizie sicure della sua esistenza sono presenti in un documento del XII secolo, quando il Borgo di Onano apparteneva al conte Marcantonio di Montemarte.
Agli inizi del secolo seguente passò sotto la Signoria di Orvieto e nel 1355 Papa Innocenzo VI - con procedura straordinaria - concesse metà dell'abitato per dieci anni alle famiglie Farnese e Ricasoli, riservando l'altra metà alla Santa Sede. Nel 1398 divenne possedimento dei Monaldeschi della Cervara (di cui oggi si conservano ancora gli stemmi familiari, ovvero costituiti da una Cerva oppure da un reticolato , o da tutti e due insieme , come quello che troviamo nel simbolo attuale della Pro-Loco del paese), che riunirono il territorio con il matrimonio tra il nipote Paol Pietro Monaldeschi ed Aurelia Colonna, nipote del Papa Martino V.
A partire dal 1561, dopo che il discendente Luca si macchiò di eresia, la contea fu amministrata dagli Sforza, sotto Pio IV.
Durante i successivi due secoli, Onano subì le sorti dei Marchesi di Proceno e dei conti di Santa Fiora fino a tornare nel 1712 sotto l'egemonia della Chiesa. A segnare la storia Medioevale del paese restano imponenti parti delle mura di cinta (dotate in origine di 17 torri) , pregevoli affreschi trecenteschi di scuola Senese nella chiesetta della Madonna delle Grazie (ad opera di Sano di Pietro) e la grandiosa opera del Palazzo Monaldeschi (o Palazzo Madama) del XIV secolo, poi ampliato e abbellito in seguito.
Il simbolo presente nello stemma è L'Agnus Dei (l'Agnello di Dio ), riconducibile al culto di S. Giovanni il Battista, al quale era dedicata una pieve distrutta nel XVI secolo. Incerta è invece l'origine del nome, ma è probabile che i latifondi appartenessero già in epoca romana ad una famiglia gentilizia di nome Haunu. Oppure potrebbe derivare dall'Ontano, piante che erano in origine piantate all'ingresso di Onano, e caduta la "t" sia diventato Onano. Nei dintorni infatti non mancano resti di origine etrusca e romana. Le prime notizie sicure della sua esistenza sono presenti in un documento del XII secolo, quando il Borgo di Onano apparteneva al conte Marcantonio di Montemarte.
Agli inizi del secolo seguente passò sotto la Signoria di Orvieto e nel 1355 Papa Innocenzo VI - con procedura straordinaria - concesse metà dell'abitato per dieci anni alle famiglie Farnese e Ricasoli, riservando l'altra metà alla Santa Sede. Nel 1398 divenne possedimento dei Monaldeschi della Cervara (di cui oggi si conservano ancora gli stemmi familiari, ovvero costituiti da una Cerva oppure da un reticolato , o da tutti e due insieme , come quello che troviamo nel simbolo attuale della Pro-Loco del paese), che riunirono il territorio con il matrimonio tra il nipote Paol Pietro Monaldeschi ed Aurelia Colonna, nipote del Papa Martino V.
A partire dal 1561, dopo che il discendente Luca si macchiò di eresia, la contea fu amministrata dagli Sforza, sotto Pio IV.
Durante i successivi due secoli, Onano subì le sorti dei Marchesi di Proceno e dei conti di Santa Fiora fino a tornare nel 1712 sotto l'egemonia della Chiesa. A segnare la storia Medioevale del paese restano imponenti parti delle mura di cinta (dotate in origine di 17 torri) , pregevoli affreschi trecenteschi di scuola Senese nella chiesetta della Madonna delle Grazie (ad opera di Sano di Pietro) e la grandiosa opera del Palazzo Monaldeschi (o Palazzo Madama) del XIV secolo, poi ampliato e abbellito in seguito.
- Guelfi e Ghibellini a Onano -
La storia ebbe inizio nel mese di dicembre dell’anno 1297, quando Ghino Cacciaconti, tramandato alle cronache come Ghino, il valoroso
figlio di Tacco, pur consapevole della scomunica nella quale sarebbe incorso “latae santentiae”, ovvero automatica, contro chiunque
osava attaccare il patrimonio della chiesa, decise di accogliere il suggerimento dato dal suo scaltro e fido luogotenente, Nerio da
Radicofani, infatti con una azione decisa si impossessò del castello di Radicofani, a quel tempo inserito nel patrimonio di San Pietro.
La storia ci narra che il fatto avvenne, quando nella zona a ridosso del Monte Amiata, imperversava una gelida bufera invernale.
La sparuta guarnigione pontificia che presidiava il castello, fu colta di sorpresa e non riuscì a opporre una valida resistenza, di fronte agli
indomabili Ghibellini decisi a tutto. L’affronto subito dalla chiesa era grave, come singolari furono le imprese che videro protagonista
“il ghibellin fuggiasco” nei tre anni successivi, soprattutto verso coloro che si trovavano a transitare su quell’ importante passo della via
Cassia, in particolare nell’anno 1300, quando le carovane dei pellegrini scendevano dal nord dirette a Roma, per acquistare le indulgenze del Giubileo.I problemi non si attenuarono neppure quando Ghino si riconciliò con il Papa Bonifacio VIII, che successivamente lo assolse per le sue imprese, rimanevano infatti i Ghibellini a molestare i viandanti ; era pertanto necessario togliere di mezzo tale causa di disturbo
quel passo obbligato. Ed e’a questo punto che entrano in scena le milizie Guelfe di Onano.
Per risolvere la questione una volta per tutte, si incaricò Corrado Monaldeschi, il quale a capo di reparti ingrossati da contingenti di Proceno, di Acquapendente e di altri castelli della Val di Paglia, marciò alla volta di Radicofani. Purtroppo la spedizione punitiva andò male a Corrado Monaldeschi, che dopo essersi battuto accanitamente alla testa delle milizie guelfe, morì sul campo combattendo.
Dopo quella sanguinosa sconfitta subita dai Guelfi orvietani, nel patrimonio della chiesa i Ghibellini avevano preso maggior lena,
anche perchè i Guelfi dei nostri luoghi si erano concentrati a Orvieto, ove Ermanno, figlio di Corrado, successo al padre nella ricchezza, nella potenza e nell’autorità si era subito impegnato ad organizzare un forte esercito per togliere di mezzo definitivamente la minaccia di Radicofani e vendicare così la morte del padre Corrado.
Pertanto secondo quanto scrive Luca Manetti “Ermanno con capitano del popolo, con la cavalleria,con la gente della Val di Paglia, di Onano,
di Proceno, di Acquapendente,con quella della Val di Lago e della Valdichiana, mosse contro Radicofani spingendosi fin sotto le mura e dando il guasto a tutti i luoghi circostanti”.
In questo contesto, le milizie guelfe di Onano ebbero un ruolo assolutamente fondamentale nella buona riuscita dell’operazione.
figlio di Tacco, pur consapevole della scomunica nella quale sarebbe incorso “latae santentiae”, ovvero automatica, contro chiunque
osava attaccare il patrimonio della chiesa, decise di accogliere il suggerimento dato dal suo scaltro e fido luogotenente, Nerio da
Radicofani, infatti con una azione decisa si impossessò del castello di Radicofani, a quel tempo inserito nel patrimonio di San Pietro.
La storia ci narra che il fatto avvenne, quando nella zona a ridosso del Monte Amiata, imperversava una gelida bufera invernale.
La sparuta guarnigione pontificia che presidiava il castello, fu colta di sorpresa e non riuscì a opporre una valida resistenza, di fronte agli
indomabili Ghibellini decisi a tutto. L’affronto subito dalla chiesa era grave, come singolari furono le imprese che videro protagonista
“il ghibellin fuggiasco” nei tre anni successivi, soprattutto verso coloro che si trovavano a transitare su quell’ importante passo della via
Cassia, in particolare nell’anno 1300, quando le carovane dei pellegrini scendevano dal nord dirette a Roma, per acquistare le indulgenze del Giubileo.I problemi non si attenuarono neppure quando Ghino si riconciliò con il Papa Bonifacio VIII, che successivamente lo assolse per le sue imprese, rimanevano infatti i Ghibellini a molestare i viandanti ; era pertanto necessario togliere di mezzo tale causa di disturbo
quel passo obbligato. Ed e’a questo punto che entrano in scena le milizie Guelfe di Onano.
Per risolvere la questione una volta per tutte, si incaricò Corrado Monaldeschi, il quale a capo di reparti ingrossati da contingenti di Proceno, di Acquapendente e di altri castelli della Val di Paglia, marciò alla volta di Radicofani. Purtroppo la spedizione punitiva andò male a Corrado Monaldeschi, che dopo essersi battuto accanitamente alla testa delle milizie guelfe, morì sul campo combattendo.
Dopo quella sanguinosa sconfitta subita dai Guelfi orvietani, nel patrimonio della chiesa i Ghibellini avevano preso maggior lena,
anche perchè i Guelfi dei nostri luoghi si erano concentrati a Orvieto, ove Ermanno, figlio di Corrado, successo al padre nella ricchezza, nella potenza e nell’autorità si era subito impegnato ad organizzare un forte esercito per togliere di mezzo definitivamente la minaccia di Radicofani e vendicare così la morte del padre Corrado.
Pertanto secondo quanto scrive Luca Manetti “Ermanno con capitano del popolo, con la cavalleria,con la gente della Val di Paglia, di Onano,
di Proceno, di Acquapendente,con quella della Val di Lago e della Valdichiana, mosse contro Radicofani spingendosi fin sotto le mura e dando il guasto a tutti i luoghi circostanti”.
In questo contesto, le milizie guelfe di Onano ebbero un ruolo assolutamente fondamentale nella buona riuscita dell’operazione.
- I Moti Garibaldiani del 1860 a Onano-
I più importanti avvenimenti legati al Risorgimento italiano accaduti nel Viterbese ebbero inizio con lo sbarco di Callimaco Zambianchi a Talamone.
“ Il colonnello garibaldino nacque a Forlì. Nel 1831 partecipò alla rivoluzione delle Romagne, poi esulò in Francia e nel 48 tornò in Italia combattendo in Lombardia. Nel 49 fu a Roma col grado di maggiore, comandante il battaglione dei Finanzieri aggregato alla legione Garibaldi, dimostrò una violenza e una tale ferocia che gli attirarono biasimi.
Il 7 maggio fu sbarcato a Talamone al comando di una colonna di 224 uomini, ma la spedizione fallì miseramente.
Le istruzioni date allo Zambianchi dallo stesso Garibaldi erano le seguenti:
1) Il comandante Zambianchi invaderà il territorio pontificio colle sue forze ai suoi ordini, ostilizzando le truppe straniere mercenarie di quel governo antinazionale con tutti i mezzi possibili.
2) Egli susciterà all’insurrezione tutte quelle schiave popolazioni contro l’immorale Governo e procurerà ogni modo per attrarre con lui i soldati italiani, che si trovano al servizio del Papa.
3) Egli, campione della Causa santa d’Italia, reprimerà qualunque atto di vandalismo col massimo rigore e procurerà di farsi amare dalle popolazioni.
4) Chiederà, come giusto, ai municipi qualunque cosa di cui possa aver bisogno, in nome della Patria, la quale compenserà, alla fine della guerra, ogni spesa contratta per essa dai Comuni e dai privati.
5) Egli propagherà pure l’insurrezione agli Stati del Re di Napoli e specie negli Abbruzzi.
6) Procurerà quanto è possibile, di non percorrere il territorio libero della Toscana e delle Romagne.
7) Il suo grido di guerra sarà: Italia e Vittorio Emanuele!
8) Eviterà, quanto è possibile, di accettare disertori dell’esercito regolare nostro, perché poco tarderanno a dar la loro quota nelle grandi battaglie.
9) Trovandosi con altri Corpi italiani nostri, procurerà di accordarsi circa le operazioni; se alla testa di quei Corpi si trovasse Cosenz o Medici, egli si porrà subito ai suoi ordini e, se vi fosse guerra tra Vittorio Emanuele ed i tiranni meridionali, allora si porrà agli ordini del Comando supremo del Re o di chi per lui.
Le forze, però, non erano adeguate a compiti cosi importanti e, per quanto ai Garibaldini si unissero a Scansano i 200 volontari livornesi dello Sgarallino ed i Bersaglieri del Pinelli e benché la popolazione li accogliesse con grande favore, al primo scontro con uno squadrone di Gendarmi pontefici, i Volontari dello Zambianchi si ritirarono in toscana dove vennero disarmati . Il Cavour, dopo alcuni mesi di arresto, gli offrì 20.000 lire, purchè si imbarcasse per l’Argentina; egli accettò; giunto a Genova, s’imbarcò per l’America, ma morì durante la traversata”.
Le premesse affinchè l’iniziative dello Zambianchi avessero buon esito c’erano tutte: già da tempo alcuni Liberali e Mazziniani residenti nei paesi limitrofi al confine di Stato si erano adoperati per eccitare i soldati alla diserzione introducendo -stampati in carta finissima…diretti ai soldati per eccitarli alla diserzione e al tradimento , e, non lasciando di far praticare perquisizioni sui viaggiatori sospetti e sui conduttori di vetture e sulle diligenze”.
Il 26 di aprile il delegato apostolico di Viterbo comunica che:”il Re Vittorio Emanuele siasi condotto in Siena per passar poi in Arezzo, e Cortona. Si vuole che si faccia percorrere al medesimo il confine toscano per suscitare simpatie tra i popoli limitrofi”.
Ad Onano piccolo centro di 2000 abitanti situato a soli 3 chilometri dal confine con la Toscana agivano un gruppo di rivoluzionari che si spostava molto facilmente da uno stato all’altro seguendo i percorsi delle macchie, dei fossi e delle strade secondarie. Tra i nomi più importanti del gruppo Onanese spiccano quelli di Giovanni Rotili, Oscar e Riccardo Bousquet. Giovanni Tonielli altro liberale di Onano ha invece un casale posto sul confine nel territorio di Sorano, dove teneva inalberata la Bandiera Tricolore. Il 25 gennaio il governatore di Acquapendente informava che.”in Onano trovansi tristi soggetti che spargono continuamente notizie allarmanti, Stampe e Caricature provenienti dalla Toscana …i più sfacciati sono Vincenzo e Giovanni fratelli Tonielli, Giovanni Paglialunga, Ricardo Bousquet, Giovanni Rotili e Giovanni Alfonsi”.
Intanto nel territorio di Grosseto molti volontari si aggregano alla Banda Zambianchi e molti comuni si adoperano per dare un contributo tangibile alla causa Italiana. E’ il caso di Pitigliano come risulta da un estratto protocollare delle deliberazioni della rappresentanza comunale in data 21 gennaio 1860 con uno stanziamento di una somma per la Causa Nazionale” e acciocché i sensi patriottici dei quali è animato il Consiglio siano in qualche modo dimostrati in fatto, sulla proposizione del sig. Gonfaloniere viene stanziata la somma di lire seicento italiane da prelevarsi dalla massa di rispetto del bilancio del corrente esercizio da erogare come appresso, cioè:
£ 400 nella soscrizione del milione di fucili iniziata dall’eroico Generale Garibaldi.
£ 100 nella soscrizione per redigere un monumento a S.M. il Re Vittorio Emanuele il primo soldato della Indipendenza Italiana.
£ 90 nella soscrizione per il Monumento a Parigi che attesti della gratitudine italiana verso la generosa nazione Francese.
£ 10 nella soscrizione per coniare una medaglia che eterni il Nome del generoso cittadino e schietto italiano( Corineri ?) dei principi Corsini marchese di (Larario?)”.
Le iniziative a favore della Causa Italiana si susseguono in quasi tutti i paesi della bassa Toscana. A Massa Carrara la società filarmonica organizza feste da ballo pubbliche il cui ricavato andrà a beneficio dell’acquisto di armi. Stessa situazione a Manciano che però non dispone di un teatro per organizzare feste da ballo quindi “ Per raggiungere quello scopo aveva preferito di aprire ogni giorno al pubblico con gioco di Tombola in tutte le feste che occorreranno nel carnevale presente”.
Come possiamo osservare il clima che precede lo sbarco dello Zambianchi a Talamone è euforico. Intanto da molte città della Toscana, delle Romagne e dalla Lombardia molti volontari alla notizia della imminente guerra convengono a Grosseto, a Orbetello e in altri luoghi vicino al confine con lo Stato Pontificio, anche dopo la clamorosa disfatta dello Zambianchi.
La guerra è imminente, e già sono stati presi contatti con i liberali residenti nel Patrimonio, in particolare con quelli di Onano, Latera e Grotte di Castro. Da una lettera datata 23 maggio inviata dal barone Giuseppe Danzetta-Alfani al marchese Filippo Gualtiero, già noto all’autorità di polizia per essere informatore delle forze italiane, si desume sull’esito della missione garibaldina dello Zambianchi nei territori del Patrimonio: “Il 18 dopo mezzogiorno si gettò nello Stato Romano sui paesi di Onano, Latera e Grotte…, il 19 si scontrò con circa 50 gendarmi, tutti di Cavalleria, coi quali successe una scaramuccia, e, dopo averli uccisi 11 uomini e 3 cavalli ed aver messo il resto in fuga, si ritirò nel territorio del regno Italiano, trasportando seco un ferito gravemente ed alcuni feriti leggeri. Questa versione dei fatti poco corrisponderebbe al vero come risulta dalla relazione del Capitano della Missione Straordinaria, inviata al Delegato Apostolico di Viterbo in data primo giugno, siamo informati che Oscar Bousquet: ”Un certo Possidente oriundo Francese ma domiciliato a Onano”, ”nel giorno del fatto trasse alle Grotte e nel ritorno che fecero i Garibaldini in Toscana, costui compassionava li medesimi feriti nel n. 26 circa che si videro transitare in Onano chi colla testa fasciata, chi ferito in un braccio, chi nelle mani ed altri zoppi feriti nelle gambe, più uno che stava a cavallo assai malconcio e due di loro il tenevano non soregendosi solo, un secondo portavasi su di una barella ridotto agli estremi, e che stanchi d’essi loro si fecero a forza coadiuvare da otto contadini che fino a S. Quirichino in Toscana il portarono, che dopo poche ore cessò colà di vivere e altrettanto avvenne a quello che era caricato su di un cavallo il giorno appresso”. Sempre nello stesso rapporto si chiarisce la vocazione garibaldina del Bousquet: ” nella stessa sera portò ai ribaldi Garibaldini in S. Quirichino due barili di vino un sacco di pane, e due prosciutti”. Inoltre il Bousquet aveva costretto un certo Leonardo Giuliani a farsi consegnare uno spadone insanguinato senza fodero, rinvenuto dal medesimo nella macchia della Selva, per consegnarla ai Garibaldini quale emblema della vittoria. Sempre dalla lettera dell’Alfani-Danzetta apprendiamo altri particolari sul passaggio dei Garibaldini in Onano: “Dopo il fatto delle Grotte i soldati rossi si sono portati ad Onano in cerca della Dogana, ed hanno bruciato tutti i registri e i libri doganali e del Dazio macinato promettendo l’immediata abolizione di quest’ultima gabella”.
Maffeo Caterini priore del comune di Onano precisa al delegato Apostolico di Viterbo che il giorno 19, alle ore 4 pomeridiane erano transitati per il paese circa 300 garibaldini reduci dallo scontro di Grotte, i quali dopo essersi rifocillati a proprie spese si sono diretti in Toscana portando con se 3 finanzieri, tra cui Attilio Targhini (1831-1905) finanziere romano addetto alla dogana di Onano fino al 1870. Da un altro documento del 31 maggio 1860 inviato dal Governo di Acquapendente al Priore di Onano si capisce chiaramente l’esito dello scontro di Grotte: “…che nella macchia di questo comune cosi detto Montebello, si siano rinvenuti due cadaveri della Banda così detta di Garibaldi, nello scontro avuto con la nostra gendarmeria alle Grotte”.
Oscar e Riccardo Bousquet sono tra i liberali più attivi nel Governorato di Acquapendente e Valentano. Nei confronti di Oscar la polizia di Viterbo annota questo: ”E’ conosciuto per nemico acerrimo del Governo Pontificio. Capitanava un’orda di volontari, colla quale eccitava i disordini in Acquapendente e in Onano. Si condusse in Valentano ad atterrare il Pontificio Governo e in altri luoghi lungo il confine, associandosi a Giuseppe Montanucci, Gavazzi ed altri”. Da altra versione appare che a dirigere l’assalto contro la caserma di Acquapendente sia stato Riccardo già comandante della Lega dei Comuni. Oscar Bousquet dopo i fatti criminosi di Onano e Latera fu perseguito per essere incarcerato insieme con altri attivisti liberali: Giovanni Tonielli, Giovanni Paglialunga, Giovanni Rotili e Ermenegildo Pellegrini. Ma la maggior parte degli imputati si rese irreperibile rifugiandosi in una cascina di campagna di proprietà dello stesso Rotili situata nel territorio di Sorano. Giovanni Rotili il 7 settembre del 1862 moriva in Sorano dove si era rifugiato insieme ai fratelli Bousquet. Oscar Bousquet morirà in Onano il 5 novembre del 1904, come ricorda la lapide posta nel cimitero cittadino. Riccardo morirà anche’egli in Onano il 20 aprile del 1882.
Fino a qui narrano le cronache locali sui fatti avvenuti il 19 di maggio del 1860 e dei giorni immediatamente successivi. Rimane il dubbio su come mai dopo lo scontro di Grotte di Castro non siano seguiti altri tentativi da parte dei garibaldini di occupare lo Stato Pontificio. Le motivazioni sono tuttora sconosciute, ma ciò che avvenne in seguito risulta palesamente da alcuni atti rinvenuti presso l’Archivio Storico dell’Ufficio Storico dello Stato Maggiore dell’Esercito.
Con una lettera datata 23 maggio 1860 inviata dal Gonfaloniere del comune di Grosseto sappiamo che:”La colonna di Volontari guidata dallo Zambianchi ha depositato le armi in Sorano, ed è stata disciolta. Quel Municipio e l’altro di Pitigliano hanno dato, d’accordo con l’Autorità Militare, dei sussidi a quei volontari per il viaggio di ritorno alle loro case nei limiti della necessità e per la via da percorregli onde giungere altro Comune. Tali sussidi sarà opportuno che siano nello stesso modo rinnovati dai diversi Comuni per i quali essi transiteranno, semprechè s’internino verso le loro case. Essi saranno muniti di un foglio del Gonfaloniere di Sorano o dell’altro di Pitigliano. E perciò da avvertire che i fogli rilasciati dal primo sono mancanti di bollo”.
Ma le disposizioni del prefetto di Grosseto e del Delegato di Governo della stessa città non si limitano soltanto alla consegna dei fucili da parte dei volontari Garibaldini, facenti parte alla Banda Zambianchi ma all’arresto di alcuni individui ritenuti colpevoli di vari reati:
”E’ ordine del R. Governo che siano subito arrestati :
1° I disertori che appartengono all’armate e segnatamente quelli che abbandonarono il Battaglione Bersaglieri Pinelli.
2° Quelli che istigarono alla diserzione ne i soldati dell’anzidetto Battaglione.
3° Quelli che furono Capi della spedizione e che arruolarono uomini per ingrossare la Banda Zambianchi.
4° Quelli componenti la detta Banda che non appartengono al compartimento di Grosseto e che non sono rientrati alle loro case”.
E’ evidente che la situazione nel territorio di Grosseto e dei paesi limitrofi allo Stato Pontificio è diventata pressoché ingovernabile. “ Nel giorno 22(maggio) si verificò l’arrivo in Grosseto di una quantità di giovani quivi dimoranti, che nei giorni precedenti eransi partiti per arruolarsi nella Colonna Zambianchi che fu disciolta nel Pitiglianese. Dalla Forza dei Carabinieri locale nelle ore notturne del presente giorno vennero arrestati in questa Città, Michele Scapucci, (?)Adami e Pietro Tognetti tenente di questa Guardia Nazionale, per essersi prestati nell’arruolamento dei giovani suddetti che insieme ad altri individui ( ? ) furono scortati a Orbetello”.
Mentre inizialmente si procede all’arresto di molti volontari successivamente, si seguirà una linea molto più morbida nei loro confronti: ”Gli arresti devono essere limitati d’ora in poi ai disertori e ai non Toscani. Quelli delle altre province debbono rimandarsi nelle loro case”.
La banda Zambianchi fu disciolta con l’ordine perentorio di consegnare le armi e di fare ritorno alle proprie case, mentre altri volontari inconsapevoli della situazione stavano convenendo nei distretti di Orbetello e di Grosseto. Stranamente chi ordinò lo scioglimento dell’armata, furono le stesse persone che pochi mesi prima avevano in tutti modi favorito la loro associazione, avevano provveduto al rifornimento di armi e viveri attraverso le più singolari iniziative: tombole, feste da ballo, donazioni personali o pubbliche, ecc. Il 9 giugno del 1860 si tentò di arrestare lo stesso colonnello Zambianchi:” Non può ignorare la S.I. come abbia dato luogo ad pervazioni non favorevoli la condotta tenuta in servizio dal Capitano dei R.R. Carabinieri Sig. Broccardi da circa un mese dacchè egli trovasi al comando di questa Compagnia, e segnatamente nella occasione in cui fu tentato l’arresto del noto Zambianchi”. Arresto che avvenne pochi giorni dopo e che si protrasse per alcuni mesi. Solo in un secondo tempo venne riabilitato con la consegna da parte del Cavour di 20.000 lire come risarcimento della pena subita. Callimaco Zambianchi troverà la morte durante la traversata che lo conduceva in America.
“ Il colonnello garibaldino nacque a Forlì. Nel 1831 partecipò alla rivoluzione delle Romagne, poi esulò in Francia e nel 48 tornò in Italia combattendo in Lombardia. Nel 49 fu a Roma col grado di maggiore, comandante il battaglione dei Finanzieri aggregato alla legione Garibaldi, dimostrò una violenza e una tale ferocia che gli attirarono biasimi.
Il 7 maggio fu sbarcato a Talamone al comando di una colonna di 224 uomini, ma la spedizione fallì miseramente.
Le istruzioni date allo Zambianchi dallo stesso Garibaldi erano le seguenti:
1) Il comandante Zambianchi invaderà il territorio pontificio colle sue forze ai suoi ordini, ostilizzando le truppe straniere mercenarie di quel governo antinazionale con tutti i mezzi possibili.
2) Egli susciterà all’insurrezione tutte quelle schiave popolazioni contro l’immorale Governo e procurerà ogni modo per attrarre con lui i soldati italiani, che si trovano al servizio del Papa.
3) Egli, campione della Causa santa d’Italia, reprimerà qualunque atto di vandalismo col massimo rigore e procurerà di farsi amare dalle popolazioni.
4) Chiederà, come giusto, ai municipi qualunque cosa di cui possa aver bisogno, in nome della Patria, la quale compenserà, alla fine della guerra, ogni spesa contratta per essa dai Comuni e dai privati.
5) Egli propagherà pure l’insurrezione agli Stati del Re di Napoli e specie negli Abbruzzi.
6) Procurerà quanto è possibile, di non percorrere il territorio libero della Toscana e delle Romagne.
7) Il suo grido di guerra sarà: Italia e Vittorio Emanuele!
8) Eviterà, quanto è possibile, di accettare disertori dell’esercito regolare nostro, perché poco tarderanno a dar la loro quota nelle grandi battaglie.
9) Trovandosi con altri Corpi italiani nostri, procurerà di accordarsi circa le operazioni; se alla testa di quei Corpi si trovasse Cosenz o Medici, egli si porrà subito ai suoi ordini e, se vi fosse guerra tra Vittorio Emanuele ed i tiranni meridionali, allora si porrà agli ordini del Comando supremo del Re o di chi per lui.
Le forze, però, non erano adeguate a compiti cosi importanti e, per quanto ai Garibaldini si unissero a Scansano i 200 volontari livornesi dello Sgarallino ed i Bersaglieri del Pinelli e benché la popolazione li accogliesse con grande favore, al primo scontro con uno squadrone di Gendarmi pontefici, i Volontari dello Zambianchi si ritirarono in toscana dove vennero disarmati . Il Cavour, dopo alcuni mesi di arresto, gli offrì 20.000 lire, purchè si imbarcasse per l’Argentina; egli accettò; giunto a Genova, s’imbarcò per l’America, ma morì durante la traversata”.
Le premesse affinchè l’iniziative dello Zambianchi avessero buon esito c’erano tutte: già da tempo alcuni Liberali e Mazziniani residenti nei paesi limitrofi al confine di Stato si erano adoperati per eccitare i soldati alla diserzione introducendo -stampati in carta finissima…diretti ai soldati per eccitarli alla diserzione e al tradimento , e, non lasciando di far praticare perquisizioni sui viaggiatori sospetti e sui conduttori di vetture e sulle diligenze”.
Il 26 di aprile il delegato apostolico di Viterbo comunica che:”il Re Vittorio Emanuele siasi condotto in Siena per passar poi in Arezzo, e Cortona. Si vuole che si faccia percorrere al medesimo il confine toscano per suscitare simpatie tra i popoli limitrofi”.
Ad Onano piccolo centro di 2000 abitanti situato a soli 3 chilometri dal confine con la Toscana agivano un gruppo di rivoluzionari che si spostava molto facilmente da uno stato all’altro seguendo i percorsi delle macchie, dei fossi e delle strade secondarie. Tra i nomi più importanti del gruppo Onanese spiccano quelli di Giovanni Rotili, Oscar e Riccardo Bousquet. Giovanni Tonielli altro liberale di Onano ha invece un casale posto sul confine nel territorio di Sorano, dove teneva inalberata la Bandiera Tricolore. Il 25 gennaio il governatore di Acquapendente informava che.”in Onano trovansi tristi soggetti che spargono continuamente notizie allarmanti, Stampe e Caricature provenienti dalla Toscana …i più sfacciati sono Vincenzo e Giovanni fratelli Tonielli, Giovanni Paglialunga, Ricardo Bousquet, Giovanni Rotili e Giovanni Alfonsi”.
Intanto nel territorio di Grosseto molti volontari si aggregano alla Banda Zambianchi e molti comuni si adoperano per dare un contributo tangibile alla causa Italiana. E’ il caso di Pitigliano come risulta da un estratto protocollare delle deliberazioni della rappresentanza comunale in data 21 gennaio 1860 con uno stanziamento di una somma per la Causa Nazionale” e acciocché i sensi patriottici dei quali è animato il Consiglio siano in qualche modo dimostrati in fatto, sulla proposizione del sig. Gonfaloniere viene stanziata la somma di lire seicento italiane da prelevarsi dalla massa di rispetto del bilancio del corrente esercizio da erogare come appresso, cioè:
£ 400 nella soscrizione del milione di fucili iniziata dall’eroico Generale Garibaldi.
£ 100 nella soscrizione per redigere un monumento a S.M. il Re Vittorio Emanuele il primo soldato della Indipendenza Italiana.
£ 90 nella soscrizione per il Monumento a Parigi che attesti della gratitudine italiana verso la generosa nazione Francese.
£ 10 nella soscrizione per coniare una medaglia che eterni il Nome del generoso cittadino e schietto italiano( Corineri ?) dei principi Corsini marchese di (Larario?)”.
Le iniziative a favore della Causa Italiana si susseguono in quasi tutti i paesi della bassa Toscana. A Massa Carrara la società filarmonica organizza feste da ballo pubbliche il cui ricavato andrà a beneficio dell’acquisto di armi. Stessa situazione a Manciano che però non dispone di un teatro per organizzare feste da ballo quindi “ Per raggiungere quello scopo aveva preferito di aprire ogni giorno al pubblico con gioco di Tombola in tutte le feste che occorreranno nel carnevale presente”.
Come possiamo osservare il clima che precede lo sbarco dello Zambianchi a Talamone è euforico. Intanto da molte città della Toscana, delle Romagne e dalla Lombardia molti volontari alla notizia della imminente guerra convengono a Grosseto, a Orbetello e in altri luoghi vicino al confine con lo Stato Pontificio, anche dopo la clamorosa disfatta dello Zambianchi.
La guerra è imminente, e già sono stati presi contatti con i liberali residenti nel Patrimonio, in particolare con quelli di Onano, Latera e Grotte di Castro. Da una lettera datata 23 maggio inviata dal barone Giuseppe Danzetta-Alfani al marchese Filippo Gualtiero, già noto all’autorità di polizia per essere informatore delle forze italiane, si desume sull’esito della missione garibaldina dello Zambianchi nei territori del Patrimonio: “Il 18 dopo mezzogiorno si gettò nello Stato Romano sui paesi di Onano, Latera e Grotte…, il 19 si scontrò con circa 50 gendarmi, tutti di Cavalleria, coi quali successe una scaramuccia, e, dopo averli uccisi 11 uomini e 3 cavalli ed aver messo il resto in fuga, si ritirò nel territorio del regno Italiano, trasportando seco un ferito gravemente ed alcuni feriti leggeri. Questa versione dei fatti poco corrisponderebbe al vero come risulta dalla relazione del Capitano della Missione Straordinaria, inviata al Delegato Apostolico di Viterbo in data primo giugno, siamo informati che Oscar Bousquet: ”Un certo Possidente oriundo Francese ma domiciliato a Onano”, ”nel giorno del fatto trasse alle Grotte e nel ritorno che fecero i Garibaldini in Toscana, costui compassionava li medesimi feriti nel n. 26 circa che si videro transitare in Onano chi colla testa fasciata, chi ferito in un braccio, chi nelle mani ed altri zoppi feriti nelle gambe, più uno che stava a cavallo assai malconcio e due di loro il tenevano non soregendosi solo, un secondo portavasi su di una barella ridotto agli estremi, e che stanchi d’essi loro si fecero a forza coadiuvare da otto contadini che fino a S. Quirichino in Toscana il portarono, che dopo poche ore cessò colà di vivere e altrettanto avvenne a quello che era caricato su di un cavallo il giorno appresso”. Sempre nello stesso rapporto si chiarisce la vocazione garibaldina del Bousquet: ” nella stessa sera portò ai ribaldi Garibaldini in S. Quirichino due barili di vino un sacco di pane, e due prosciutti”. Inoltre il Bousquet aveva costretto un certo Leonardo Giuliani a farsi consegnare uno spadone insanguinato senza fodero, rinvenuto dal medesimo nella macchia della Selva, per consegnarla ai Garibaldini quale emblema della vittoria. Sempre dalla lettera dell’Alfani-Danzetta apprendiamo altri particolari sul passaggio dei Garibaldini in Onano: “Dopo il fatto delle Grotte i soldati rossi si sono portati ad Onano in cerca della Dogana, ed hanno bruciato tutti i registri e i libri doganali e del Dazio macinato promettendo l’immediata abolizione di quest’ultima gabella”.
Maffeo Caterini priore del comune di Onano precisa al delegato Apostolico di Viterbo che il giorno 19, alle ore 4 pomeridiane erano transitati per il paese circa 300 garibaldini reduci dallo scontro di Grotte, i quali dopo essersi rifocillati a proprie spese si sono diretti in Toscana portando con se 3 finanzieri, tra cui Attilio Targhini (1831-1905) finanziere romano addetto alla dogana di Onano fino al 1870. Da un altro documento del 31 maggio 1860 inviato dal Governo di Acquapendente al Priore di Onano si capisce chiaramente l’esito dello scontro di Grotte: “…che nella macchia di questo comune cosi detto Montebello, si siano rinvenuti due cadaveri della Banda così detta di Garibaldi, nello scontro avuto con la nostra gendarmeria alle Grotte”.
Oscar e Riccardo Bousquet sono tra i liberali più attivi nel Governorato di Acquapendente e Valentano. Nei confronti di Oscar la polizia di Viterbo annota questo: ”E’ conosciuto per nemico acerrimo del Governo Pontificio. Capitanava un’orda di volontari, colla quale eccitava i disordini in Acquapendente e in Onano. Si condusse in Valentano ad atterrare il Pontificio Governo e in altri luoghi lungo il confine, associandosi a Giuseppe Montanucci, Gavazzi ed altri”. Da altra versione appare che a dirigere l’assalto contro la caserma di Acquapendente sia stato Riccardo già comandante della Lega dei Comuni. Oscar Bousquet dopo i fatti criminosi di Onano e Latera fu perseguito per essere incarcerato insieme con altri attivisti liberali: Giovanni Tonielli, Giovanni Paglialunga, Giovanni Rotili e Ermenegildo Pellegrini. Ma la maggior parte degli imputati si rese irreperibile rifugiandosi in una cascina di campagna di proprietà dello stesso Rotili situata nel territorio di Sorano. Giovanni Rotili il 7 settembre del 1862 moriva in Sorano dove si era rifugiato insieme ai fratelli Bousquet. Oscar Bousquet morirà in Onano il 5 novembre del 1904, come ricorda la lapide posta nel cimitero cittadino. Riccardo morirà anche’egli in Onano il 20 aprile del 1882.
Fino a qui narrano le cronache locali sui fatti avvenuti il 19 di maggio del 1860 e dei giorni immediatamente successivi. Rimane il dubbio su come mai dopo lo scontro di Grotte di Castro non siano seguiti altri tentativi da parte dei garibaldini di occupare lo Stato Pontificio. Le motivazioni sono tuttora sconosciute, ma ciò che avvenne in seguito risulta palesamente da alcuni atti rinvenuti presso l’Archivio Storico dell’Ufficio Storico dello Stato Maggiore dell’Esercito.
Con una lettera datata 23 maggio 1860 inviata dal Gonfaloniere del comune di Grosseto sappiamo che:”La colonna di Volontari guidata dallo Zambianchi ha depositato le armi in Sorano, ed è stata disciolta. Quel Municipio e l’altro di Pitigliano hanno dato, d’accordo con l’Autorità Militare, dei sussidi a quei volontari per il viaggio di ritorno alle loro case nei limiti della necessità e per la via da percorregli onde giungere altro Comune. Tali sussidi sarà opportuno che siano nello stesso modo rinnovati dai diversi Comuni per i quali essi transiteranno, semprechè s’internino verso le loro case. Essi saranno muniti di un foglio del Gonfaloniere di Sorano o dell’altro di Pitigliano. E perciò da avvertire che i fogli rilasciati dal primo sono mancanti di bollo”.
Ma le disposizioni del prefetto di Grosseto e del Delegato di Governo della stessa città non si limitano soltanto alla consegna dei fucili da parte dei volontari Garibaldini, facenti parte alla Banda Zambianchi ma all’arresto di alcuni individui ritenuti colpevoli di vari reati:
”E’ ordine del R. Governo che siano subito arrestati :
1° I disertori che appartengono all’armate e segnatamente quelli che abbandonarono il Battaglione Bersaglieri Pinelli.
2° Quelli che istigarono alla diserzione ne i soldati dell’anzidetto Battaglione.
3° Quelli che furono Capi della spedizione e che arruolarono uomini per ingrossare la Banda Zambianchi.
4° Quelli componenti la detta Banda che non appartengono al compartimento di Grosseto e che non sono rientrati alle loro case”.
E’ evidente che la situazione nel territorio di Grosseto e dei paesi limitrofi allo Stato Pontificio è diventata pressoché ingovernabile. “ Nel giorno 22(maggio) si verificò l’arrivo in Grosseto di una quantità di giovani quivi dimoranti, che nei giorni precedenti eransi partiti per arruolarsi nella Colonna Zambianchi che fu disciolta nel Pitiglianese. Dalla Forza dei Carabinieri locale nelle ore notturne del presente giorno vennero arrestati in questa Città, Michele Scapucci, (?)Adami e Pietro Tognetti tenente di questa Guardia Nazionale, per essersi prestati nell’arruolamento dei giovani suddetti che insieme ad altri individui ( ? ) furono scortati a Orbetello”.
Mentre inizialmente si procede all’arresto di molti volontari successivamente, si seguirà una linea molto più morbida nei loro confronti: ”Gli arresti devono essere limitati d’ora in poi ai disertori e ai non Toscani. Quelli delle altre province debbono rimandarsi nelle loro case”.
La banda Zambianchi fu disciolta con l’ordine perentorio di consegnare le armi e di fare ritorno alle proprie case, mentre altri volontari inconsapevoli della situazione stavano convenendo nei distretti di Orbetello e di Grosseto. Stranamente chi ordinò lo scioglimento dell’armata, furono le stesse persone che pochi mesi prima avevano in tutti modi favorito la loro associazione, avevano provveduto al rifornimento di armi e viveri attraverso le più singolari iniziative: tombole, feste da ballo, donazioni personali o pubbliche, ecc. Il 9 giugno del 1860 si tentò di arrestare lo stesso colonnello Zambianchi:” Non può ignorare la S.I. come abbia dato luogo ad pervazioni non favorevoli la condotta tenuta in servizio dal Capitano dei R.R. Carabinieri Sig. Broccardi da circa un mese dacchè egli trovasi al comando di questa Compagnia, e segnatamente nella occasione in cui fu tentato l’arresto del noto Zambianchi”. Arresto che avvenne pochi giorni dopo e che si protrasse per alcuni mesi. Solo in un secondo tempo venne riabilitato con la consegna da parte del Cavour di 20.000 lire come risarcimento della pena subita. Callimaco Zambianchi troverà la morte durante la traversata che lo conduceva in America.